Le terapie psicoanalitiche si fondano sul concetto che, quanto più riusciamo ad essere onesti con noi stessi, tanto più sapremo condurre una vita piena e soddisfacente. Per questo, i vari approcci terapeutici di stampo psicoanalitico promuovono un atteggiamento di indagine nei confronti di sé stessi, in modo tale da scoprire ciò che sfugge alla normale coscienza ed è situato nella sfera misteriosa dell'inconscio, ove risiedono anche e soprattutto quegli elementi che sono fonte di vergogna e di dolore per il soggetto stesso.
Tra i fenomeni inconsci più comuni vi sono, ci dice McWilliams in "Psicoterapia psicoanalitica", un senso di carenza (ovvero il rischio di frammentazione e di annichilazione psichica), la vanità (collegata quindi alla vergogna, al desiderio di perfezione, alle fantasie di onnipotenza, alla convinzione di essere speciali, alla svalutazione di sé stessi e/o degli altri), il tema del conflitto (relativo alla tensione tra desiderio e realtà, agli obiettivi incompatibili), il tema della moralità (legato alla decisione, alla presa di responsabilità per le conseguenze delle proprie azioni), i sentimenti di lussuria, competizione e aggressività.
Sulla base di quanto esposto, possiamo considerare "Memorie del sottosuolo" un romanzo di pura psicoanalisi: il protagonista narrante teorizza esplicitamente la sua volontà di non tenere nascosto nulla ai lettori, di voler essere totalmente sincero nell'esplorazione della propria interiorità e si mostra, pur con qualche remora, in tutti i suoi aspetti più abietti.
Egli sostiene di essere malato e di essere maligno. La sua malattia, scopriamo, si traduce nella sua incredibile consapevolezza: egli è pienamente cosciente di tutti i suoi meccanismi mentali, di tutte le sue bassezze di pensiero e di sentimento, delle zone più oscure della propria psiche ed è proprio questo a farlo sentire, allo stesso tempo, migliore degli altri ma invidioso della loro inferiorità psichica. L'uomo medio, infatti, appare sicuro di sé, non vive avvoltolato nei dubbi, nelle circonvoluzioni mentali che invece tormentano il protagonista. Lui è l'uomo del sottosuolo, il malato di consapevolezza, che si odia e si esalta ciclicamente, che detesta il prossimo ma desidera la sua vicinanza e la sua accettazione. Brama il contatto umano, ma questo lo disgusta al tempo stesso.
Sovverte la morale, va contro ai comportamenti conformisti e si rende, con le sue stesse mani, un mostro agli occhi degli altri. E' un uomo paradossale. E' un uomo che vive a stretto contatto con il suo inconscio e vede tutta la sua complessità annichilente: è proprio questa sua capacità di analizzare ogni fenomeno psichico che lo paralizza, lo rende incapace di agire e di agire efficacemente.
Ecco che, quindi, si fa manifesto dell'anti-Illuminismo, dimostrando che l'uomo non sempre agisce per suo vantaggio: a volte, nonostante conosca le possibili conseguenze delle proprie azioni, decide comunque di mettere in atto degli atteggiamenti distruttivi e disfunzionali, perché, in realtà, il suo vero desiderio è quello di sentirsi libero di poter esprimere la propria individualità, anche contro ogni logica. E, in fondo, cosa si intende poi per "vantaggio"? La ricchezza, la salute, il potere? Forse lo scopo dell'uomo è agire unicamente come vuole e non secondo ragione...forse l'uomo ama solamente il processo e non il raggiungimento dello scopo! Magari "tutto il fine a cui tende l'umanità sulla terra è racchiuso unicamente in questo solo ininterrotto processo di raggiungimento, o, per dirla altrimenti, nella vita stessa, e non propriamente nel fine". Una prospettiva molto esistenzialista.
Il romanzo vuole sottolineare l'irrazionalità umana, la sua profonda complessità, i suoi aspetti morbosi che risiedono nel profondo; elementi che non vogliamo vedere, ma che tuttavia esistono: un po' come succede in terapia.
Dostoevskij lotta, qui, contro il perbenismo, contro l'illusione dell'uomo medio che crede nella ragione, nell'azione, nella scienza e nel fatto che tutto possa essere spiegabile con formule e diagrammi. Lotta contro l'aspetto che, a livello, simbolico, la psicologia analitica ritiene "maschile", ovvero razionale, logico, scientifico e ci mostra come il lato, invece, "femminile" della psiche e della società operi fortemente nel sottosuolo, portando l'elemento irrazionale, sconvolgente, misterioso, imprevedibile, illogico. L'inconscio esiste ed agisce con scopi suoi personali che la ragione cosciente non può comprendere. Ecco che allora l'autore, nella seconda parte del romanzo, ci racconta tre episodi della sua vita che dimostrano effettivamente come egli viva il suo malessere nella realtà e come questo lo porti ad essere incapace di relazioni umane significative, nonostante alcuni personaggi siano compresivi nei suoi confronti. Vediamo esplicitamente gli aspetti narcisistici e masochistici della sua personalità e non possiamo che sentirci disgustati, affranti, indispettiti, arrabbiati...eppure, in un certo qual modo, anche incredibilmente simili, vicini. Capiamo la sua bassa, complessa, incredibile, odiosa, magnifica umanità e la sentiamo...perché siamo noi.
Alice
Analisi perfetta di persone a noi molto vicine...ci esauriamo nel cercare di conviverci. Grazie